È ancora nella nostra mente i recenti concerti de La Tempesta Dub festival, serie di tappe in giro per l’Italia per celebrare la nascente etichetta La Tempesta Dub. Prima di uno di questi show, esattamente quello di Torino, abbiamo incontrato Paolo Baldini che ci ha parlato di Dubfiles e dei suoi sviluppi futuri, oltre alla recente esperienza giamaicana. In conclusione anche la spiegazione della “separazione” dagli Africa Unite.
Qui di seguito la video intervista, a cui segue la trascrizione, a cura di Francesco Palazzi. Riprese di Valeria Fattori.
Francesco: Questo mini-festival è il frutto del progetto DubFiles, quindi volevo chiederti.. come e quando nasce DubFiles?
Paolo Baldini: Ok, il progetto DubFiles nasce in studio ormai due anni fa. Diciamo che è un progetto relativamente recente, è un progetto che è iniziato con la documentazione video delle performance di dub mixing realizzate in tempo reale in studio.. ed è iniziato così, in modo molto giocoso per documentare questo atto che riteniamo essere sacrale della dub version. E rivedere i video è stato comunque sempre divertente, e in qualche modo conservavano anche i video l’energia che si creava in quei momenti lì, e allora abbiam deciso inizialmente di condividere queste dub session e poi, grazie al talento cristallino dei nostri luminosi cantanti, siamo riusciti anche a condensare in un’unica performance la dub session e l’atto di toasting del cantante –dei nostri cantanti.. è questa pratica è inizialmente nata quasi come esercizio di stile, però è diventata subito una cosa che c’ha appassionato e abbiamo cominciato a pubblicare questi video. Alcuni di questi ci permisero di realizzare delle vere e proprie chune che sono state comunque raccolte ne primo disco di DubFiles, ormai uscito nell’ottobre 2014, che segnò diciamo l’inizio di quella che poi si chiamo La Tempesta Dub, che diciamo è una succursale della nostra famiglia La Tempesta Dischi, che ci è stata affidata dai nostri generosi discografici per fare un po’ di sperimentazione.
Francesco: Proprio La Tempesta Dub Festival è per celebrare la nascita di questa succursale, come hai detto tu. Con questa data di Torino siamo al terzo appuntamento del vostro mini tour.. come ha reagito la massive nei concerti precedenti?
Paolo Baldini: Beh è stato bello, è stato sinceramente bello ed emozionante, è stato prevedibilmente bello nel momento in cui ai concerti partecipano realtà consolidate come i Mellow Mood, che sono parte costituente della famiglia, ma altrettanto emozionante nel vedere in qualche modo debuttare anche Forelock & Arawak e riscuotere comunque un calore di pubblico quasi inaspettato.. diciamo forse quasi insperato rispetto alle prime date. E poi il DubFile è stato comunque il colpo di grazia che ha permesso al pubblico che era già davanti al palco di voltarsi semplicemente e trovare dall’altra parte già tutti pronti per performare.
Francesco: Questo progetto (DubFiles) tra l’altro l’avete portato in Jamaica, con un vero e proprio studio di registrazione mobile. Come siete riusciti ad organizzarlo? Inoltre nei video che avete pubblicato vi si vede proprio nelle yard jamaicane che fate libero show, con gli artisti che si esibiscono a turno.. come s’è sparsa la voce sull’isola?
Paolo Baldini: Dobbiamo sicuramente ringraziare inizialmente il lavoro di connection che ha iniziato Forelock, successivamente poi continuato l’anno successivo Forelock e Mellow Mood, che sono andati in Jamaica già dua anni prima di me, hanno conosciuto dei talenti, hanno vissuto la scena underground di Kingston.. e hanno potuto constatare che, esattamente come uno può immaginare, il reggae è una parte viva e pulsante della realtà sociale di Kingston, e abbiamo avuto un appoggio importante che c’è arrivato dalla yard di Song Embassy che ci ha permesso di avere il luogo fisico dove portare il nostro studio mobile, che è quello che siamo riusciti a ficcare in una valigia (ridono entrambi), ringraziando che è arrivata pure sta valigia, in ritardo di due giorni. È stato emozionante perché comunque io personalmente era la mia prima esperienza in Jamaica dopo vent’anni di questa roba qui, e vivere diciamo l’atto sacrale della dub session, condivisa con i cantanti e farne parte, essere magari il fulcro in quel momento lì è stato per me troppo figo, semplicemente (ride).
Francesco: E avete mai pensato di riproporre questo progetto dei DubFiles at Song Embassy, di cui uscirà anche un documentario a breve..
Paolo Baldini: È uscito un teaser che spiega quello che stiamo realizzando, il documentario lo stiamo realizzando contemporaneamente alla realizzazione del disco, che sarà il secondo disco di DubFiles, che ci vede come produttori di questa realtà underground di Kingston di tutti i cantanti di cui abbiamo realizzato le registrazioni.. insomma, i più valorosi di questi troveranno posto nel disco e nel documentario, e torneremo in Jamaica per concretizzare anche l’atto di restituzione con la yard, per far vedere che abbiamo lavorato con molta passione, e speriamo insomma che sia una festa.
Francesco: Avete mai pensato di riproporre questa cosa anche in altri Paesi al di fuori della Jamaica?
Paolo Baldini: Sì.. alla fine si (Forelock ride), però diciamo che è un po’ prematuro. Questi sono stati anni per tutti noi molto importanti, che ci hanno visto lavorare e formare una squadra veramente potente; adesso è stato il turno degli Arawak, i Mellow Mood si sono riconsolidati, hanno trovato nuova linfa.. quindi adesso dobbiamo sistemare bene le cose che abbiamo seminato, dobbiamo fare tutto bene, e la modalità che tu suggerisci è una cosa alla quale abbiamo pensato, perché comunque questo atto che abbiamo cercato di fare, che ci ha permesso di coinvolgere non solo musicisti come noi, ma abbiamo portato anche un fumettista, Davide Toffolo de La Tempesta Dischi, che è un sensibile (ride) sensibilizzabile. Lui aiuterà a documentare la cosa. Abbiamo portato un’antropologa che fa parte della nostra squadra famigliare che ci ha permesso anche di capire che comunque ci muoviamo in un terreno che non è nostro, che ci viene dato uno spazio e dobbiamo comunque guadagnarcelo senza calpestare niente. In questa prospettiva è ovvio che ogni Paese potrebbe offrire una modalità di patrimonio culturale musicale popolare che può esser in qualche modo condiviso. Io ho familiarità –famiglia diciamo– con l’Africa, quindi c’ho pensato, probabilmente faremo qualcosa quando avremo un po’ più di tempo.
Francesco: Ultima domanda per Paolo che penso molti si siano anche fatti. Sei stato per più di dieci anni il bassista degli Africa Unite..
Paolo Baldini:.. quasi dieci anni. Li ho contati… Giusto, perché qua siamo a Torino.
Francesco:.. poi non ti abbiamo più visto. Questo in particolare con il Babilonia e Poesia Tour per commemorare il disco degli Africa. Cosa è successo in questa diciamo separazione?
Paolo Baldini: Cosa è successo? Effettivamente cazzo sono già passati quasi dieci anni, ogni tanto ci pensiamo. Il progetto Africa Unite è un progetto importantissimo, che a me ha cambiato la vita innegabilmente. Essere a Torino a fare delle cose così è anche estremamente emozionante, perché sono arrivato a Torino per lavorare inizialmente con Madaski al progetto Africa Unite, poi suonare con gli Africa Unite che mi sentivo un po’ il ragazzino che partiva dalla provincia per andar a giocare in nazionale. In nazionale ho preso un sacco di botte però son sopravvissuto. Questo per dire che comunque Africa Unite è un progetto importantissimo, per me è stato importante anche a livello di formazione perché è stato il sound che comunque ha accompagnato la mia infanzia, è stato uno de primi gruppi reggae che ho seguito e che ho ascoltato.. ed è un progetto che, detto ciò, merita un certo tipo di impegno e concentrazione che in questo momento abbiamo reciprocamente deciso che forse era meglio..
Francesco:..prendersi un momento di riflessione.
Paolo Baldini: Mah no, nel senso.. io comunque non mi sono mai trasferito a Torino, quindi ho comunque sempre tenuto un piede in Friuli e questo mi ha permesso comunque di continuare a sviluppare quello che sto portando in giro.. con l’approvazione dei miei cari, perché d questo si tratta.. ed ho continuato questa avventura qua. E loro sono comunque delle rocce, voglio dire, non hanno certo bisogno di me per andare avanti.