In vista degli imminenti concerti in Italia, abbiamo avuto il piacere di intervistare i Groundation ed in particolare Harrison Stafford, fondatore e cantante del gruppo statunitense. Tanti i temi affrontati: dall’ultimo disco A Miracle, passando per il reggae italiano ed alcune anticipazioni sul film Holding On Jah.
Un ringraziamento a Glenda ed al Flowers Festival per la possibilità. Buona lettura.
Il vostro ultimo album A Miracle vuole celebrare il miracolo della nascita e della vita. Da dove è nata l’ispirazione?
L’ispirazione per questo nuovo album viene dalla mia vita e da quel che vedo intorno a me. Ho sposato mia moglie tre anni fa ed oggi abbiamo una femmina e un maschio, quindi questo mi ha portato il concetto di uomo e donna e l’impegno nella famiglia e nell’unione. Avevo in mente di inserire nell’album tra le featurings tutte vocalists femminili e far prendere posto al centro dello stage alle donne, e dopo aver condiviso questa visione con il resto della band la loro risposta è stata molto positiva. Molti di noi stavano sposandosi e stavano per avere figli, perciò l’idea di provare a bilanciare l’energia maschile e femminile e tirar fuori un buon messaggio per aiutare ad ispirare la prossima generazione ci ha permesso di focalizzarci con forza sul messaggio.
La prima canzone che è stata scritta per l’album era “A Miracle”, che è subito diventata il titolo del disco. Parla della vita e del miracolo della nascita, che viene dallo spirito femminile. Anche il miracolo della creazione della musica è qualcosa che noi, come Groundation, viviamo ogni giorno: è una celebrazione, e davvero proviene da un luogo femminile e pacifico. Abbiamo anche ritenuto che “A Miracle” parli alla nostra generazioni nel nostro tentativo di sfidare lo status quo e spingere la vita in una nuova direzione verso pace e prosperità. Oggi abbiamo bisogno di un “miracolo” per cambiare chi siamo e spingere l’umanità a svegliarsi e fare le giuste scelte.
La cover del disco mostra una donna incinta: si tratta di un omaggio ad Harrison Stafford per la nascita del figlio o c’è qualcosa di più ampio da raccontare?
Hahahahaha, no non è esattamente un tributo a mia moglie. Comunque, parlando dell’album e dei suoi temi con Neville e Nesta Garrick (gli art directors), quest’idea di rinascita e nuova vita che porti speranza per il futuro, in quel concetto di “miracolo” abbiamo menzionato l’immagine di una donna incinta.
Dopo anni di cover create da Giovanni Maki, questa è stata realizzata da Neville Garrick che ha creato cover di album di Bob Marley, Burning Spear, Steel Pulse e diversi altri. Come è nata questa opportunità di lavorare con lui?
È stato un piacere lavorare col leggendario Neville Garrick. Il suo lavoro con Bob Marley ha prodotto immagini splendide come le copertine di album come “Rastaman Vibration”, “Survival” e l’immortale “Exodus”. Il legame con Garrick si è venuto a creare quando i Groundation sono stati in tour in Nuova Zelanda nel gennaio 2014. Ci stavamo esibendo in un festival con Damian Marley ed il figlio di Neville, Nesta Garrick, era lì a produrre l’art desing del palco per il loro tour e lo fermai nella lobby dell’hotel e gli chiesi “Ciao, tu sei Nesta Garrick?” lui rispose “Sì”, così gli chiesi “Tuo padre Neville fa ancora art design?” e Nesta rispose “Sì, è a Los Angeles a produrre da casa”! Era a poche ore di macchina da dove vivevo io, così abbiamo creato questo link.
Inoltre sapevo che Giovanni non sarebbe stato disponibile per produrre l’Artwork di questo album. Lui ed io siamo cresciuti insieme e ad oggi è molto impegnato con le illustrazioni scientifiche.
I vostri dischi propongono un roots contaminato dal blues-jazz che in A Miracle si è sentito maggiormente rispetto ai precedenti dischi. Da cosa deriva questa contaminazione?
Non sono sicuro delle origini delle “contaminazioni” del nostro roots reggae con elementi del blues e del jazz, ma le nostre origini musicali sono nella California Bay Area e siamo stati influenzati da ogni genere musicale. Allo stesso tempo mi sento di dire che la musica che inizialmente ci ha unito era il jazz visto che all’università stavamo tutti prendendo la laurea in Jazz Performance. Attraverso di me per la formazione del gruppo ed il mio background nel reggae e la voglia di coinvolgimento col lavoro sociale verso l’uguaglianza e la giustizia abbiamo iniziato il progetto “Groundation”. In ogni caso l’attitudine è sempre stata quella di estendere la struttura musicale di quel che era “reggae” e portare il nostro background jazz in primo piano. Poiché abbiamo sviluppato queste idee e questi concetti, con ogni album andiamo a ricercare nuovi paesaggi musicali, e questo porta ogni album ad avere un sapore particolare. I suonatori degli strumenti a fiato giocano un ruolo centrale e se si riescono ad arrangiare delle parti coi fiati eccezionali ed emozionanti in ogni canzone rendendo la nostra musica più “jazzy” ai nostri ascoltatori. “A Miracle” contiene linee e assoli di fiati in ogni canzone, in più abbiamo ricercato nuove armonie che spostano la musica dei Groundation verso un sound più jazz, senza restare sulle tradizionali armonie diatoniche della pop music. Ad ogni modo il nostro album del 2004 “We Free Again” ha molti più tempi dispari e le idee poliritmiche mi sembrano molto più di taglio jazz.
Quando uscì “Building an Ark” lo avete definito come il vostro miglior disco. Con A Miracle avete cambiato idea?
Certamente… “A Miracle” è il migliore album in studio ad oggi.
Ci potete raccontare come è nata la collaborazione con Marcia Griffiths e Judy Mowatt?
Nel pensare a quali guest artists femminili chiamare per “A Miracle” abbiamo subito pensato a Marcia Griffiths. L’abbiamo incontrata molte volte nei festival e in altri eventi in giro per il mondo, e ci ha elogiato e mostrato molto rispetto e per questo la amiamo molto. Nondimeno abbiamo Marcia che in video spiega come i Groundation sono l’unico gruppo che al giorno d’oggi porta avanti l’eredità ed il lavoro di Bob Marley, e sentire questo è stato molto rassicurante. Quando l’album concept venne realizzato, chiamai Marcia mentre ero in Jamaica e le dissi “Marcia ho questo progetto ed una canzone perfetta per te” e Marcia rispose con prontezza “Yes Papa, sono pronta!”. Per questo capimmo che era dentro.
Avere Judy Mowatt che cantava in “A Miracle” era come un sogno che si avverava. Dalla morte di Marley Judy era tornata alla chiesa e cantava solo musica gospel. Come ho detto prima, la prima canzone scritta per l’album è stata la cover track “A Miracle”, e la scrissi pensando a Judy, ma non avrei mai pensato che l’avrebbe fatto. Suonai la canzone per il mio amico chitarrista e produttore Dalton Browne (dai lavori di Professor) e mi disse “Bwoy, posso sentire Judy cantarla”, ero concorde ma gli dissi che non avevo nessun contatto, le avevo solo parlato brevemente nel 1999 durante la produzione del film documentario “Holding On to Jah” e le avevo organizzato un concerto gospel a Ocho Rios, e pensai non avrebbe mai accettato. Dalton mi disse che aveva lavorato innumerevoli volte con Judy e le avrebbe chiesto, e con mia grande sorpresa lei rispose di si!
Vi è passato per la mente, almeno per un secondo, di provare a contattare anche Rita Marley e formare le I-Threes?
Avevo pensato per qualche secondo di chiamare Rita, ma poi ho scartato l’idea… Sarebbe stata magia pura avere le I-Threes… Chi lo sa, potrebbe essere un prossimo album dei Groundation?
A proposito di collaborazioni, conoscete il reggae italiano? Conoscete qualche artista o band?
Certamente: conosciamo Alborosie per tutti i tour. Infatti abbiamo suonato con lui a Buenos Aires, ma non lo conosciamo di persona. Spero di raccogliere un po di musica locale durante gli show dai fan e dagli amici nella massive.
Al Flowers Festival il vostro concerto sarà aperto dai Mellow Mood, giovane band italiana che in pochi anni si è affermata a livello mondiale. Avete avuto modo di ascoltare il loro reggae?
Non conosco bene I Mellow Mood, ma ci esibiremo insieme in Portogallo, quindi si vedrà!
Terminato il tour, quale saranno i vostri progetti? Avete già in mente un nuovo album?
Siamo sempre al lavoro per produrre nuova musica. C’è in progetto una dub release alla fine dell’anno intitolata “Dub Wars II”, un sequel dell’album “Dub Wars”, con dubs dagli album “Hebron Gate” e “We Free Again”. “Dub Wars II” avrà dubs dagli album “Building An Ark” e “A Miracle”.
Cosa puoi dirci a riguardo del documentario Holding On Jah. A che punto sono i lavori?
Sono fiero di annunciare che finalmente questa defintiva storia del movimento Rasta uscirà il 2 Novembre 2015, dopo oltre 15 anni di lavori. “Holding On to Jah” racconta la storia dell’isola di Jamaica, Marcus Garvey, Haile Selassie, la Rivelazione Biblica e la Reggae music come viene raccontata dai musicisti e cantanti che han portato questo messaggio e questa musica al mondo. Nel film compaiono The Abyssinians, The Congos, Israel Vibration, Culture, Pablo Moses, Ras Michael, IJahman, e molte altre leggende del reggae. La soundtrack include Bob Marley, Peter Tosh, Bunny Wailer, Burning Spear, Toots and the Maytals, e molti altri. Questo documentario uscirà sia in DVD che online in streaming e in downloading. Per più info cercate www.holdingontojah.com.
Il pubblico italiano vi ha già apprezzato più volte. Quale è il messaggio che volete lanciare in vista dei prossimi concerti in Italia?
La corsa non è ancora finita, la strada è lunga e stretta. Rimaniamo focalizzati su energia positiva, amore e speranza che questo emetta una nuova vita in noi per diventare grandi leaders in grado di cambiare il corso della storia.
Vi aspettiamo in Italia. A presto!