In vista dell’uscita di Urban Poet che avverrà il prossimo 9 ottobre, abbiamo intervistato Junior Kelly che ci ha presentato in anteprima il suo nuovo disco (potete leggere la recensione a questo link). Un’intervista che svaria per tematiche: dall’imminente album alla scena reggae giamaicana, passando per alcuni aneddoti che il cantante svela per la prima volta. Buona lettura.
Un ringraziamento a Michael di IrieVibrations e Francesco Palazzi per la traduzione.
VERSIONE ITALIANA – ENGLISH VERSION
Andrea: Ciao e benvenuto su eventireggae.it. Innanzitutto complimenti per il tuo nuovo album, “Urban Poet”: vogliamo iniziare chiedendoti come nasce questo titolo: è biografico?
Junior Kelly: In realtà no, semplicemente sentivo che i diversi stili musicali e i testi delle canzoni in questo disco avevano un tocco più poetico, così il titolo mi sembrava adatto.
A: Hai definito “Urban Poet” come ‘Mo Reggae’. Vuoi spiegarci cosa vuoi dire?
JK: ‘Mo Reggae’ o ‘Motown Reggae’ è soprattutto in riferimento al brano “Mile in My Shoe”, che ricorda un po lo stile di Miles Davis. Comunque ho ri-ascoltato a lungo l’album una volta concluso, e credo che dovrebbe essere definito ‘pop culture’, dove la musica roots-&-culture incontra il pop.
A: Come mai la scelta di mettere in “Urban Poet” così tanti generi: reggae, dancehall, RnB, Soul e Jazz?
JK: Il motivo è che ho sempre ascoltato molti generi musicali ed ho sempre voluto esprimermi al di fuori dei confini del reggae, ma non ho mai avuto molte possibilità poiché spesso le case discografiche e/o i produttori dettano i riddims, sui quali incido, a volte stabilendo anche gli argomenti di cui cantare. Ad ogni modo, nel progetto per produrre quest’album per la prima volta mi è stata data piena libertà artistica per selezionare, creare e aggiustare i riddim di mia scelta e poi creare i testi intorno (al riddim), quindi il disco è il prodotto di questa autonomia creativa.
A: Durante il tuo ultimo tour mi hai fatto innamorare del brano “Everybody Needs Somebody”. Mi spieghi come è nato e a cosa è ispirato?
JK: L’ispirazione proviene da una combinazione di cose: mi sono trovato nel mezzo di tutto e circondato da nulla, ed ho realizzato che la fama ha grandi effetti collaterali e a volte porta a attenzioni indesiderate da parte di persone che non hanno davvero a cuore il tuo interesse. Questo brano sottolinea e simbolizza la solitudine, che può accadere a chiunque in un momento nelle nostre vite, quindi è come un pianto per venir salvati dalla solitudine e dal senso di vuoto. Principalmente questo è quello che stavo passando e che mi ha ispirato a scrivere la canzone, ma è anche un accenno di speranza per tutti di trovare qualcuno col quale condividere il resto della propria vita, affermando che sebbene non pensiamo di aver bisogno di qualcuno, in realtà ne abbiamo bisogno in quanto questo aspetto è proprio degli uomini.
A: Invece tu hai una canzone che preferisci del disco?
JK: Ne ho una, ma non sono ancora pronto per condividerla.
A: Hai collaborato per la prima volta con la IrieVibrations: come è stato lavorare con loro?
JK: È stato un enorme piacere, incredibilmente tranquillo, dolce ed ispiratore. Sento che lavoriamo come una squadra ed una famiglia per un obiettivo comune. Sono davvero contento di lavorare con loro.
A: Come siete entrati in contatto, come hai scoperto questa label?
JK: Un ex socio d’affari chiamato Adil Nadri.
A: Pensi che “Urban Poet” sia il tuo miglior disco?
JK: Dev’esserlo! Tutti noi vogliamo fare meglio, e per fare ciò come artista, vuoi sempre superare il tuo ultimo progetto. Sono sicuro che è il migliore, ma non preoccupatevi, ci sono altre cose ancora migliori che devono ancora arrivare.
A: Sei stato recentemente in tour in Europa, con date anche in Italia. Che ricordi hai dei tuoi recenti show italiani?
JK: Ogni concerto in ogni città è diverso, non sono mai uguali. Il mio miglior momento memorabile in Italia è stato a Roma nel 2007 – ho ricevuto otto bis. Non volevo più lasciare il palco!
A: Durante i tuoi concerti, sia in quest’ultimo tour che in passato, scendi tra il pubblico e cantiamo tutti insieme. Come ti senti in quei momenti?
JK: Sono molto a mio agio e felice perché mi sento come uno di loro, non ci sono separazioni o barriere. Riesco a percepire il loro amore e mi nutro della loro energia e delle loro vibrazioni.
A: C’è un episodio o un aneddoto che ricordi con piacere di questo recente tour o durante la registrazione del disco?
JK: Il 9 ottobre 2014, quando è morto mio padre, c’erano ancora tre canzoni da completare per finire l’album, e in mezzo a tutta la sofferenza e il dolore, sono comunque riuscito a finirle entro il tempo richiesto nonostante l’angoscia, e sono stato felice di esserci riuscito. È perfino più sconcertante del fatto che la data di uscita del disco sia l’anniversario della sua scomparsa.
A: Tornerai in Europa ed in Italia entro la fine dell’anno?
JK: Certamente, tornerò in Europa per un tour promozionale del disco da novembre a dicembre, e passerò anche in Italia.
A: Concludiamo con una domanda che facciamo spesso ad artisti giamaicani: come vedi la scena reggae in Giamaica e quali pensi che sia il futuro del reggae sull’isola?
JK: La scena musicale in Giamaica è molto difficile in termini di costi elevati per promuovere, la carenza di supporto da parte delle compagnie registrazione e la mancanza di opportunità e sostegno finanziario, oltre ad un elevato numero di nuovi artisti emergenti. Ma comunque internet fornisce molte opportunità aprendo l’accesso e le possibilità, per cui è molto più facile diffondere un brano o un album.
Per come la vedo io il futuro della musica in Giamaica è che la piattaforma sarà molto più basata sulla rete, come per quel che riguarda l’ascolto e l’acquisto di musica, visto che molte famiglie hanno accesso ad internet ed ai computer. La radio fisica diverrà obsoleta e cederà il passo alle web-radio, e il raggiungimento dei fans diverrà più facile e veloce.
Come conseguenza, la musica diverrà più popolare e con un maggiore accesso a livello globale, e più canali di entrate si apriranno. Lo svantaggio sarà la maggiore difficoltà di rintracciare le vendite a causa del furto delle proprietà intellettuali. La musica sarà principalmente svenduta per popolarità e come mezzo commerciale per scopi promozionali, e i concerti ed altre entrate basate sul web saranno il futuro.
A: Grazie per il tuo tempo. Speriamo di incontrarti presto dal vivo e cantarne insieme.
JK: Grazie a te per l’intervista!
VERSIONE ITALIANA – ENGLISH VERSION
Andrea: Greetings and welcome on eventireggae.it. First of all, congratulations for your new album, “Urban Poet”; we’d like to start asking you about the title: is it a biographical choice?
JK: It actually was not a biographical choice. I just felt that the different styles and lyrics on this album had a more poetic feel and so I felt the title was fitting.
A: You defined this album as ‘motown reggae’: could you explain us what do you mean by that?
JK: It was actually not meant to be “More Reggae” but “Mo Reggae or Motown Reggae” and this was mainly as it relates to the track “Mile in my Shoe” which was reminiscent of a Miles Davis style. However I have really been constantly listening to the finished album in its entirety, and feel that it should be defined as “pop culture” which is where roots & culture meets pop.
A: In “Urban Poet” there are plenty of genres: reggae, dancehall, r&b, soul and jazz: why?
JK: The reason for the range of genres is that I have always loved listening to many different genres of music, and have always wanted to express myself outside of Reggae boundaries, but never got much of a chance as Record labels and/or Producers often dictate the riddims I voice on and sometimes even the topics. However, for the first time working on this album project, I was given full artistic freedom to select, create and tweak riddims to my liking and then create lyrics around the riddims, and this album is what was born out of this creative autonomy.
A: During your last tour I fell in love with your song “Everybody Needs Somebody”. Could you tell me what inspired you to write this song?
JK: What inspired this song was a combination of things: I found myself standing in the middle of everything surrounded by nothing, and I realized that fame has major side effects and sometimes bring unwanted attention from persons who don’t really have your best interest at heart. This track highlights and symbolize loneliness, which happens to everyone sometimes in our lives, so it is like a cry out to be rescued from the loneliness and emptiness. It is mainly what i was going through which inspired this song, but it also beckons hope for everyone to find someone to share the rest of their life, so it is just stating the fact that as much as we don’t think we need someone, we all do as it is a part of being human.
A: Which song of this album is your favourite?
JK: I have one but I am not ready to share it yet.
A: For the production of this album you collaborated with the IrieVibrations Records: how has it been working with them?
JK: It has been an absolute pleasure, incredibly easy, smooth, and inspiring. I feel we are working as a team and a family on a common objective. I am really happy working with them.
A: How did you know about this label? How did you get in touch with them?
JK: A former business associate named Adil Nadri
A: Do you think that “Urban Poet” is your best record?
JK: It should be! We all want to do better and better work as an artiste, you always want to outdo your last project. I am confident it is, but don’t worry there is even better still to come.
A: You’ve been recently on tour through Europe, also performing in Italy. Which memories do you have about your shows in Italy?
JK: Each performance in each city is different, never the same. My Most memorable time in Italy was in 2007 Rome – I received 8 encores. I didn’t want to leave!
A: In your concerts, both in this tour and in the past, you get down among the massive to sing together with them. How do you feel when you’re there?
JK: I feel extremely comfortable and happy as I feel I am one with them, no separation or barriers. I get to really feel their love and I feed off of their energy and vibe.
A: Is there any episode of this tour or some event that happened during the recording of the album that you remember more gladly?
JK: In 2014 – October 9 – the death of my father, with 3 songs left to finish the album, and amidst all my pain and grief, i was still able to finish them in the timeline required even with so much anguish and I was happy I was able to do that. It is even more uncanny that the album release date is on the anniversary of his passing.
A: Will you come back in Europe (and in Italy) before the end of the year?
JK: Yes I will go back to Europe to do a promotional album tour in November – December and will include stops in Italy.
A: Let’s end up with a question we often ask to Jamaican artists: how do you see and live the musical scene in Jamaica and what do you think is going to be the future of this music on the Island?
JK: The musical scene in Jamaica is very difficult in terms of high cost to promote, lack of record company support, lack of opportunities and financial backing or support, a lot of new artistes entering the market. The internet however provides many opportunities and opens access and reach, so it is much quicker to break a record or an album.
How I see the future of the music in Jamaica is that the platform will become more internet based as it relates to listening and purchasing of music, as more households gain internet access and computers. Physical radio will soon become obsolete and internet radio will be in, access and reach to fans will become easier and faster.
The Music will therefore become more popular with greater access globally and more revenue channels are opening up, however the downside is that it will be harder to track real sales due to stealing of intellectual property. Music will mainly be given away for popularity and promotional purposes than commercial means, and live performances and other internet based revenue will be the future.
A: Thank you for your time. Hope to meet you again live and sing together.
JK: Thank you for the interview.