Sono passati cinque anni dall’uscita di Revelation Part I: the Root of Life (vincitore nel 2011 di un Grammy per la categoria Best Reggae Album): col tempo l’albero si è sviluppato e le radici hanno permesso lo sviluppo dei frutti. Quando esce il disco di un Marley è difficile trovare le parole per recensirlo: si rischia di dilungarsi troppo, trasformando il testo in un lungo e magari tedioso articolo dove vengono elencate e descritte le varie tracce che compongono il disco o, caso opposto, si è fin troppo riassuntivi e si rischia di sorvolare argomenti interessanti o non li si riesce ad approfondire abbastanza.
Prima di parlare dei brani, occorre dare una visione d’insieme. Revelation Part II, l’ultima fatica di Stephen Marley, potrebbe sentire stretta l’etichettatura come “disco reggae” vista l’elevata variabilità di stili musicali ascoltabili attraverso le ventuno tracce che compongono l’album (oltre a tre remix di brani che compongono l’album). Già in precedenza, nella famiglia Marley, Damian aveva partecipato a progetti ambiziosi come Distant Relatives insieme a Nas e Superheavy con Joss Stone, Mick Jagger, Dave Stewart e A. R. Rahman, dove il reggae si andava a mischiare con il rap, il rock e la pop music. Quest’anno è il turno di Stephen, che già con Chant Down Babylon nel 1999 (e nei suoi precedenti lavori solisti) aveva iniziato quel lavoro di ricerca e sperimentazione musicale.
L’Intro, che è un frammento del discorso del capolavoro di Charlie Chaplin Il Grande Dittatore (discorso ascoltabile per intero e in italiano) scandito da tamburi con un ritmo simile a quello di una marcia militare, è più che mai attuale e vuol ricordare al genere umano che non siamo stati generati per odiarci ma aiutarci l’un l’altro. Subito dopo questa intro troviamo canzoni di protesta come Babylon (il cui ritmo mostra una maggiore influenza hip-hop) e So Unjust: in particolare quest’ultima mischia saggiamente ritmi in levare, basi hip-hop e percussioni nyahbinghi col rap di Rakim e l’inconfondibile raggamuffin style di Stephen e Kardinal Offishall. Non mancano però brani dalla più pura tonalità reggae come Revelation Party, di cui si era già parlato in precedenza e che vede insieme papà Stephen e suo figlio Jo Mersa, quasi a rappresentare il passaggio di testimone tra due generazioni di Marley.
Nella traccia successiva sentiamo un frammento audio in cui sentiamo Mr. Ragga, accompagnato dalla sola chitarra, probabilmente nella fase produttiva di Walking Away, una love song malinconica in cui ci avviciniamo a sonorità più jazz-blues. Come affermato dallo stesso Stephen, le parole del ritornello “weight on my shoulder but my heart is free” provengono dal Re del reggae: originariamente registrate su un nastro, purtroppo questo è andato perduto insieme a chissà quanto altro materiale nell’incendio che diversi anni fa ha colpito la casa di Marley. Per fortuna oggi le parole di Bob sopravvivono grazie alla musica di Stephen. Nella parte centrale del disco troviamo altre love tunes dalle evidenti influenze rap come la dolce Paradise o la più energica The Lion Roars, in cui troviamo un altro Marley avvezzo a questo tipo di influenze nella sua musica: Ky-Mani; in Pleasure or Pain troviamo poi una vecchia conoscenza dei Marley Brothers: Busta Rhymes, il rapper statunitense ma dalle origini jamaicane, che forse più di tutti gli altri guest artists del disco rappresenta il perfetto connubio tra reggae e le mille altre sfumature della black music. Sempre parlando di love tunes, non può mancare la collaborazione con “Mr. Lova Lova” alias Shaggy in So Strong. In mezzo a queste love tunes Scars on My Feet, di cui è uscito recentemente anche un videoclip, rappresenta uno stacco: le percussioni nyahbinghi di Inna Di Red (brano del primo lavoro solista di Stephen, Mind Control) si uniscono al rap incalzante di Waka Flocka Flame ed al messaggio che esorta a continuare il percorso della vita nonostante le ferite e le cicatrici che possono venire a provocarsi lungo il cammino.
Non manca poi la collaborazione ormai da tempo collaudata col fratello Damian nei brani Perfect Picture, una love tune che parla di come due innamorati si completino, e la più funky Music Is Alive. A ulteriore riprova della capacità di Stephen di riuscire a spaziare e far collidere il reggae con altri generi musicali troviamo Father of the Man, un brano dal gusto tipicamente old school hip-hop in featuring con l’ex membro dei Fugees Wyclef Jean. Più melodica, con ritmi tendenti al soul, è Thorn or a Rose, uno dei primi brani che sono usciti come anticipazione di Revelation Part II. Altre tracce come Tonight (It’s A Party) e When She Dances, dal sound più elettornico, sono forse le tracce più ardite e per cui gli estimatori del roots reggae puro storceranno un po’ più il naso.
Le ritmiche e i temi riprendono un gusto più tipicamente jamaicano con Ghetto Boy, un anthem contro la violenza nel ghetto, soprattutto per l’impiego da parte dei don di gun-youths, e Rockstone, una bomba musicale in cui le vecchie e le nuove tonalità roots si mescolano in una combinazione vincente coi due bobo shanti Capleton e Sizzla. L’ultimo brano prima dell’Outro (il discorso per intero tratto da Il Grande Dittatore) e delle bonus tracks è It’s Alright che, con la sua linea melodica dolce e minimalista e le liriche rincuoranti, rappresenta uno stacco notevole dai ritmi a tratti incalzanti che han caratterizzato l’intero disco.
Sicuramente con questo disco Stephen “Ragga” Marley ha dimostrato che il reggae è un genere musicale altamente versatile, in grado di fondersi anche con diversi stili musicali. Come aveva affermato lo stesso artista e produttore in un’intervista a Rolling Stone:
“Il concetto alla base di questo album è fondere la mia musica con l’hip-hop e qualunque altra musica mi piaccia… Ogni aspetto, dal songwriting alla produzione, perfino il modo in cui canto certe parti della canzone deve rifarsi a tale concetto”.
Il concetto è stato centrato e, sicuramente, a parte l’eventuale disaccordo che potrebbero manifestare gli estimatori del roots reggae più puro, questo disco sicuramente ha tutte le prerogative per diventare l’album manifesto di una nuova corrente musicale che potrebbe essere definita “experimental reggae”.
Tracklist Revelation Part II: The Fruit Of Life
01. Intro
02. Babylon [feat. Junior Reid & Dead Prez]
03. Revelation Party [feat. Jo Mersa Marley]
04. So Unjust [feat. Rakim & Kardinal Offishall]
05. Prelude
06. Walking Away
07. The Lion Roars [feat. Rick Ross & Ky-Mani Marley]
08. Scars on My Feet [feat. Waka Flocka Flame]
09. Pleasure or Pain [feat. Busta Rhymes & Konshens]
10. Perfect Picture [feat. Damian Marley]
11. Father of the Man [feat. Wyclef Jean]
12. Music Is Alive [feat. Pain Killer]
13. So Strong [feat. Shaggy]
14. Thorn or a Rose [feat. Black Thought ]
15. Paradise [feat. Twista & Jasmin Karma]
16. Tonight (It’s A Party) [feat. DJ Kharled, Waka Flocka Flame & Iggy Azalea]
17. Ghetto Boy [feat. Bounty Killer & Cobra]
18. Rock Stone [feat. Capleton & Sizzla]
19. When She Dances [feat. Pitbull]
20. It’s Alright
21. Outro
22. The Lion Roars [feat. Rick Ross] (Mayfield Version)
23. When She Dances [feat. Pitbull] (DJ Chino Remix)
24. When She Dances [feat. Pitbull] (DJ Noodles Remix)