Reduce da numerosi progetti tra cui The Rockers, l’album che per la prima volta lo ha visto nelle vesti di produttore, Alborosie è pronto a ripartire. Con il tour estivo terminato da poco meno di un mese, a novembre è atteso nuovamente in Italia con una serie di date, il programma conta già cinque concerti nel nostro paese, con ospiti del calibro di Gentleman.
Alberto D’Ascola, 39 anni di cui 16 passati in Giamaica, non ha perso l’occasione di fare il punto della sua carriera attraverso le pagine del Corriere della Sera che gli ha riservato una pagina nell’edizione cartacea in edicola lo scorso 5 ottobre. “Mi sono licenziato dagli italiani” è uno dei passi più interessanti dell’intervista realizzata da Stefano Landi ed in cui Alborosie racconta il suo viaggio, da giovane musicista italiano a reggae star mondiale. Ormai la sua storia, raccontata anche nel film documentario Journey to Jah, è nota a tutti ma non ci stanchiamo mai di sentirgliela raccontare: i famosi duemila dollari in tasca che gli anno permesso di raggiungere la Giamaica, di iniziare a lavorare in studio di giorno e apprendere di notte, guadagnarsi una piccola casa sulle colline di Kingston dove spesso non arrivava neanche l’elettricità.
L’intervista prosegue tra passi di vita privata (“Mi sveglio presto, vado a pescare, giro in macchina con mio figlio, che ora ha tre anni e sto con mia moglie“) e riflessioni sulla scena musicale italiana dove chiunque può diventare un musicista: “Qui è un mezzo comunicativo, quasi fisico, in Italia è un sottofondo. Qui ballano tutti, cantano, anche in chiesa e ai funerali. Solo in Italia può diventare musicista chi non lo è“.
Infine una fantasia su come sarebbe stato un incontro con Bob Marley e quale sarebbe stata la reazione del re del reggae nei confronti della musica di Pupa Albo: “Qui sono molto patriottici, ma credo che una pacca sulla spalla me la darebbe. Anche se dovrei essere io a ringraziare lui: il reggae mi ha insegnato come essere una persona migliore“.