Si è tenuto venerdì 28 ottobre a Torino, in un gremito Hiroshima Mon Amour, il primo dei sei show del tour invernale di Dub FX nella nostra penisola per promuovere Thinking Clear, la settima fatica dell’artista di Melbourne che negli ultimi anni ha acquisito un sempre maggiore seguito di ascoltatori, anche grazie alle performance che Dub FX ha tenuto dal 2005 in giro per le piazze d’Europa.
Sarà il suo modo alternativo di comporre musica, utilizzando prevalentemente il suo talento come beatboxer e modulando la sua voce con loops e effetti per creare le basi, fatto sta che la musica prodotta da Benjamin Stanford, vero nome di Dub FX, può trovare stretta la classificazione all’interno di un solo genere musicale, in quanto si tratta di un miscuglio ben riuscito e collaudato di hip-hop, drum and bass e reggae/dub, dai tratti psichedelici.
Ad aprire lo show dell’artista australiano ci pensa il tastierista e sassofonista Andy V, che ritroveremo poi sul palco insieme a Benjamin ed al bassista Evan Tweedie. Oltre a brani dalle tonalità dub/drum and bass non mancano chicche musicali come una jam session di musica latina, il tutto accompagnato da assoli di sax che ricevono l’apprezzamento della folla.
Una volta conclusa l’ouverture di Andy V e saliti sul palco sia il bassista Evan Tweedie, sia Benjamin, sulle note a metà tra la musica ambient e hip-hop di Birds and the Bees, comincia lo show. Il brano successivo, Road to Babylon, è uno dei brani dell’ultimo disco con evidenti influenze reggae che fa muovere e saltare la folla. I brani si susseguono veloci, e i musicisti sul palco vengono raggiunti da CAde, rapper e amico di vecchia data di Dub FX per duettare in un paio di canzoni dall’evidente impronta hip-hop.
La genuinità che si può percepire nella persona che vediamo esibirsi sul palco è evidente, e i brani sono inframmezzati da vere e proprie chiacchierate col pubblico in un italiano con un evidente accento toscano (la madre di Benjamin è infatti italiana, della zona di Lucca). Ad un certo punto poi la musica passa in sottofondo e Benjamin racconta alla folla dei suoi esordi: “prima in Australia facevo tanti lavori diversi con diversi gruppi(…) i didn’t have a shit together, ero un coglione (ride), fumavo troppi tromboni(…) volevo creare un progetto e nessuno mi prendeva sul serio, neanch’io mi prendevo sul serio(…) allora mi son detto vaffanculo vado in Italia -dove c’è la mia mamma- e poi in Inghilterra.. adesso sono molto onorato di poter portare con me questi ragazzi” indicando Andy ed Evan.
Con un esordio melodico, I Never Made It è il brano che ripercorre la storia appena narrata da Benjamin, prima di esplodere in un boato di musica ed energia che viene trasmesso alla folla. Nel brano successivo, So Are You, è evidente l’influenza del ritmo in levare in quanto la base è costituita dal celebre Baltimore Riddim di Sly & Robbie. Seguono brani come Don’t Give Up e Señorita, fino alla ricomparsa di CAde sul palco per No Rest for the Wicked.
Il tempo si sta ormai avvicinando alla fine e, come forma di tributo, Mr. Stanford omaggia le culture dalle quali sono scaturiti i generi che hanno ispirato il lavoro musicale portato avanti da Dub FX: in primis la Jamaica e il reggae, seguito a ruota dalla cultura delle percussioni africane ispiratrici dei generi techno, house e drum-&-bas. Ma è soprattutto quanto detto da Benjamin subito dopo che colpisce: “è molto facile usare la negatività nell’arte e nella music. Specialmente nell’hip-hop, c’è troppa gente che usa questa energia negativa per essere forte e cool, ma è molto più difficile fare musica bella e positiva, che da ispirazione alla gente”.
A questa affermazione la massive esplode in un boato. Ma il discorso dal palco continua: “siamo tutti connessi in questo momento, non sembra meditazione ma lo è. Prima di salire sul palco noi fuori ci si connette (…) chiediamo agli spiriti questa consapevolezza dalla quinta dimensione e cerchiamo di prendere questa energia che possiamo poi dare a voi. Voi poi ci avete rimandato questa energia indietro, quindi grazie per aver partecipato in questa cosa, quindi prima che si va via connettiamoci tutti un’ultima volta(…) get down low tutti quanti”; la folla, inizialmente titubante, s’inchina fino a toccar terra e, alla ripresa della musica, riesplode in un boato saltando come una molla. Gli ultimi due brani proposto, Love Me or Not e Fly With Me, dall’impronta più melodica, sono la conclusione migliore per un concerto memorabile che rimarrà a lungo nella mente di chi quella sera era presente.
Qui di seguito la scaletta del concerto, seguita dagli scatti fotografici di Francesco Palazzi e Valeria Fattori.
Birds and the Bees
Where I Belong
Society Gates
Beaming Light
Get Down
Fake Paradise
Heat Wave
Searching
Made
So Are You
Don’t Give Up
Señorita
The Sky
No Rest for the Wicked
Run
Love Me or Not
Fly With Me