Viene sempre più presa di mira la dancehall, genere che in questo periodo ha subito numerose critiche a livello internazionale. In un recente articolo apparso sul quotidiano Jamaica Observer, il giamaicano Rhoan ‘DJ Face’ Woolery, ormai stabile in Inghilterra, ha confessato come i promoter ed i club del paese hanno sempre meno voglia di organizzare le “bashment night” per paura dell’intervento della polizia.
Anche sui social è scoppiato il dibattito che, ormai, dura da anni e propone confronti tra chi difende a spada tratta il reggae e chi la dancehall. Nella lunga lista di artisti che si sono schierati in difesa della reggae music, c’è anche il veterano Phillip Frazer che a differenza di quanto hanno fatto in molti, non si sofferma esclusivamente sul contenuto dei testi dei brani dancehall ma propone il suo pensiero riguardante il “danno” che questo genere ha portato al reggae.
“Il reggae a poco a poco si è trovato ad essere spinto fuori dallo spazio che un tempo era la sua casa” dice Frazer che prossimamente rilascerà il nuovo album I Who Have Nothing. Il suo pensiero gira tutto attorno al nome dancehall che, una volta, veniva indicato come un luogo dove la gente si ritrovava per ascoltare reggae, roots, dub, rocksteady, ska, mento e così via.
“I giovani sono cresciuti con l’equivoco che i luoghi chiamati dancehall sono automaticamente etichettati come posti dove si suona esclusivamente il genere dancehall” dice Frazer che poi aggiunge “Come si può prendere il nome di un luogo per chiamare un genere? Dancehall è uno spazio, e quando si va lì, si sente tutti i tipi di musica, ed è così che dovrebbe essere“. In conclusione per il veterano giamaicano il problema è nato tutto dal nome ‘dancehall’ che, una volta associato ad un genere, ha portato alla marginalizzazione della musica reggae nello spazio dancehall.